Alessandra Campagnano ricorda uno dei testimoni e protagonisti del gruppo Radio Cora
Il 3 luglio scorso è morto Romano Ragazzini e con lui se ne va l’ultimo dei testimoni e protagonisti del gruppo di Radio CORA e della battaglia di Firenze dell’estate del 1944 sotto le insegne dei gruppi di Giustizia e Libertà e del Partito d’Azione.
Era nato a Firenze il 19 febbraio 1924 e aveva vissuto – come lui stesso ricordava – la sua giovinezza negli anni in cui il regime fascista sembrava non avere opposizione e soprattutto i giovani venivano inquadrati nelle organizzazioni del partito fascista.
Romano, come tanti italiani, si rese ben presto conto dei bluff della propaganda e il suo spirito critico e il suo amore per la libertà lo portarono a fare una scelta di vita e politica che poi ha rispettato per tutta la vita. Modesto, signorile, non vantava mai i propri meriti, che pure erano molti, ricordava i grandi noti e meno noti come Enrico Bocci e gli appartenenti al gruppo di Radio CORA, i fratelli Campolmi in modo semplice e senza retorica. Portando con orgoglio il labaro della FIAP (l’associazione che a Firenze raccoglieva i partigiani di Giustizia e Libertà) non mancava mai alle cerimonie per il 25 aprile, il 9 giugno alla commemorazione dei fratelli Rosselli a Trespiano, in piazza D’Azeglio e a Cercina per ricordare il sacrificio dei compagni di Radio CORA e degli altri, l’11 agosto alla cerimonia per la liberazione di Firenze. Non è stato facile convincerlo a parlare in pubblico, ma quando l’ha fatto come l’ultima volta in Palazzo Vecchio l’11 agosto 2008, ha sempre avuto toni pacati, misurati. In quella occasione ha ricordato i fatti di cui fu protagonista come membro del Partito d’Azione e il ruolo avuto dalle Brigate Rosselli e dalla Brigata Sinigaglia. Eppure il suo pensiero oltre che ai combattenti andava ai cittadini che avevano subito i pesanti disagi della guerra, alle donne e al loro ruolo in casa e come staffette e alle popolazioni di quelle parti del mondo in cui ancora “per assurde guerre di religione e non solo, ma la voluta incapacità di comprendere i principi di Libertà e Giustizia” subiscono i sacrifici imposti dalla guerra.
E questo è il testamento morale che Romano ci lascia: coerenza agli ideali della sua giovinezza improntati al pensiero di Giustizia e Libertà, disinteresse, rispetto delle opinioni diverse dalle proprie, difesa della memoria degli orrori del ‘900 ma con attenzione al presente e al futuro, nella convinzione che gli ideali di Giustizia e Libertà conservano ancora intatti la loro forza e il loro valore.
(Alessandra Campagnano)