Dal Circolo di cultura politica (1920) alla Fondazione Circolo Rosselli

 

I protagonisti: 

  1. Carlo Rosselli
  2. Nello Rosselli
  3. Piero Calamandrei 
  4. Gaetano Salvemini
  5. Ernesto Rossi
  6. Alfredo Niccoli

 

Carlo Rosselli

Nasce a Roma il 16 novembre 1899. È il secondo di tre fratelli: Aldo 1895, Nello (ovvero Sabatino) a Roma 1900. La madre, Amelia Pincherle Moravia, di origine ebreaica, veneziana, scrittrice e drammaturga. Il padre Giuseppe Emanuele (detto Joe) Rosselli, anch’egli ebreo e di professione musicologo. Si separerà dopo soli sette anni di matrimonio e nel 1903 Amelia si trasferisce con i tre figli a Firenze

Il 9 settembre 1911, il padre Joe muore e lascia ai figli una cospicua eredità che, in futuro, servirà anche a finanziare l’uso politico di Carlo.

Il 24 maggio 1915, l’Italia entra in guerra. La famiglia Rosselli è animata da un acceso spirito patriottico e favorevole all’entrata in guerra dell’Italia. Nel 1917, appena conclusi gli studi superiori, Carlo viene richiamato nel corpo degli alpini. È congedato il 18 febbraio 1920.

Tornato a Firenze conosce Gaetano Salvemini e insieme ad altri giovani democratici fondano il Circolo di Cultura. Dopo aver superato l’esame di licenza classica, che ha fornito gli iscritti alla Facoltà di giurisprudenza, Carlo decide di frequentare l’Istituto di Studi Superiori Sociali “Cesare Alfieri” di Firenze, dove si laurea il 4 luglio 1921, con una tesi dedicata al movimento sindacale ottenendo il massimo dei voti e la lode. Nel 1921 partecipa al congresso di Livorno del 1921 e viene conquistato dalle posizioni di Filippo Turati e aderisce al movimento socialista.

Nel luglio del 1923, dopo essersi laureato in Giurisprudenza all’università di Siena, Carlo si reca a Genova dove, conosce l’economista Attilio Cabiati che offre al giovane Rosselli la possibilità di fare l’assistente volontario all’Istituto di Economia Politica della Bocconi di Milano. Carlo accetta, ma prima decide di trasferirsi due mesi a Londra per conoscere da vicino l’esperienza del Labur Party.

Nel Circolo di Cultura conosce la giovane inglese Marion Catherine Care, che sposa il 25 luglio del 1925 e si trasferisce a Milano.

Sono anni di pesante repressione del regime fascista e Carlo e Nello Rosselli, con Ernesto Rossi, Salvemini ed altri, pubblicano il giornale clandestino Non Mollare, una diffusione nazionale con una tiratura che arriva alle 12.000 copie. Ma anche questa attività viene scoperta e il giornale cessa le pubblicazioni. Con Nenni nel 1926 pubblica la rivista Quarto Stato, per le operazioni delle forze antifasciste.

A Milano, un gruppo di giovani antifascisti, tra i quali Carlo Rosselli e Ferruccio Parri, riescono a spasso per Treves e Saragat. Sono gli stessi che organizzano la fuga di Turati, da Savona a Nizza passando dalla Corsica. Al ritorno dalla Corsica Rosselli e Parri sono arrestati e processati a Savona. Il processo si trasforma in una denuncia dei metodi del regime fascista e Rosselli viene condannato a soli 10 mesi di carcere, mentre la Commissione di polizia infligge 5 mesi di confino a Lipari a partire dal dicembre 1927. Al confino Carlo Rosselli scrive Socialismo Liberale , il manoscritto che la moglie Marion riesce a portare fuori Lipari e sarà pubblicato in francese a Parigi nel 1930.

L’arrivo nell’isola di Lussu, Nitti e Dolci rafforza la voglia di libertà e di riprendere la battaglia sia fisica che ideale contro il regime fascista. Nel dicembre 1928 Gioacchino Dolci finisce il suo confino ed espatria clandestinamente in Francia. Con Alberto Tarchiani, preparerà la fuga di Rosselli, Lussu e Nitti. Carlo Rosselli ne ripercorre le fasi cruciali in “Fuga in quattro tempi”, scritto nel 1931 per “Almanacco socialista”.

La fuga è arrivata conseguenza l’arresto della moglie Marion e del fratello Nello. Liberata grazie alla pressione dell’opinione pubblica, soprattutto inglese, la famiglia si ricongiunge a Parigi.

Proprio in quell’anno, 1929, con Rosselli, Lussu, Tarchiani, Dolci, Nitti e Salvemini prende vita il movimento Giustizia e Libertà che vede la partecipazione di altri antifascisti rimasti in Italia. GL si dichiara “movimento rivoluzionario antifascista” e organizza una clamorosa azione dimostrativa con volo su Milano e lancio di volantini che invitano alla rivolta.

Gli anni dal 1930 al 1936, vedo il dibattito fra gli fuoriusciti italiani per controllare le forze democratiche contro il fascismo, con scarsi risultati. Una svolta la guerra civile spagnola. Tutte le forze democratiche si ritrovano, anche come volontari, un fianco della repubblica contro la pubblicazione di Franco e contro la fascistizzazione dell’Europa. Carlo Rosselli inizia la colonna italiana presso Barcellona. Malato il 6 dicembre 1936 è costretto a dimettersi dal comandante della Colonna italiana e tornare in Francia per curarsi.

Da maggio, Marion e Carlo soggiornano a Bagnoles de l’Orne, stazione termale, per la cura della flebite di Carlo. Qualche giorno più tardi li abbiamo fatto Nello da Milano. Il 9 giugno, i fratelli registrati in macchina per Alençon. Al ritorno un gruppo della Cagoule, formazione eversiva della destra francese, intercetta la macchina dei Rosselli e Carlo e Nello vengono barbaramente uccisi ed abbandonati in una strada secondaria. Il n. 25 di “Giustizia e Libertà” del 18 giugno 1937 si apre con il titolo “Mussolini ha fatto assassinare in Francia Carlo e Nello Rosselli”. I funerali a Parigi si trasformano in una grandiosa manifestazione contro il regime fascista di Mussolini.

 

Nello Rosselli

Nello (ovvero Sabatino) nasce a Roma il 29 novembre 1900. È il secondo di tre fratelli: Aldo nasce il 21 luglio 1895 a Vienna, Carlo a Roma il 16 novembre 1899. La madre, Amelia Pincherle Moravia, di origine ebrea, veneziana, scrittrice e drammaturga. Il padre Giuseppe Emanuele (detto Joe) Rosselli, anch’egli ebreo e di professione musicologo. Si separeranno dopo soli sette anni di matrimonio.

Nel 1903 Amelia si trasferisce con i tre figli a Firenze, dove, anche per la presenza degli zii Pellegrino Rosselli e della moglie Janet Nathan riesce a superare le difficoltà di organizzare una nuova vita da sola e con tre bambini.

Nel 1917 a Firenze fu pubblicato, soprattutto per iniziativa di Nello, il giornale per studenti “Noi giovani”, sul quale cominciò a scrivere anche il fratello Carlo Rosselli. Nel 1920, insieme ad altri giovani è tra i fondatori del Circolo di Cultura, luogo di libero dibattito e ricerca sotto l’alto magistero di Gaetano Salvemini.

Nel 1923 Nello discusse con Gaetano Salvemini la tesi di laurea “Mazzini e il movimento operaio dal 1861 al 1872”. Una differenza di Carlo di sentimenti socialisti, Nello era di tendenza liberale, nel 1924 aderì alla fondazione dell’Unione nazionale delle forze liberali e democratiche promossa da Giovanni Amendola. Nel 1925 col fratello Carlo, Gaetano Salvemini, Nello Traquandi e altri partecipanti alla fondazione del giornale clandestino “Non mollare”.

Accanto alla politica continua pubblicata da studioso con la pubblicazione, tra il 1923 e il 1927 di articoli su riviste storiche e del saggio “Mazzini e Bakunin”. Il 3 giugno 1927 fu arrestato e condannato a cinque anni di confino a Ustica, ma nel 1928 fu rilasciato. Tuttavia nell’estate del 1929, dopo la fuga da Lipari del fratello, fu nuovamente arrestato e condannato a cinque anni di confino a Ustica e Ponza. Da qui trasse ispirazione per le pagine più belle del saggio “Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano” che fu poi pubblicato nel 1932.

Lascia il confino, riprese la vita di studioso, ottenendo anche il passaporto per ottenere ricerche. Così avvenne anche nel mese di maggio 1937: il passaporto gli fu dato con una sollecitudine che agli amici, tra cui Calamandrei, apparve sospetta. Nello raggio di Carlo che, per curare una flebite, è stato recato alle terme di Bagnoles-de-l’Orne in Normandia. Insieme col fratello, il 9 giugno 1937, venne assassinato a Bagnoles-de-l’Orne ei loro corpi furono ritrovati l’11 giugno.

Nel 1946 la casa editrice Einaudi pubblicò la raccolta “Saggi sul Risorgimento italiano e altri scritti” in cui sono inclusi anche gli scritti minori. Accanto all’attività di studioso e di antifascista è da ricordare anche quella di pittore di grande sensibilità, come testimonia la mostra di suoi quadri allestita nella Sala d’Armi di Palazzo Vecchio nella primavera del 1990.

(Da un saggio di Alessandra Campagnan, su www.storiaxxisecolo.it)

 

Piero Calamandrei

Nato il 21 aprile 1889 e deceduto il 27 settembre 1956 sempre a Firenze. Il padre, professore e avvocato, era stato anche deputato repubblicano. Si laurea a Pisa nel 1912. Nel 1915 è docente di procedura civile all’Università di Messina e, finita la prima guerra mondiale, ha insegnato a Modena (1918), a Siena (1920) e, dal 1924 sino ai suoi ultimi giorni, nell’Ateneo fiorentino di cui fu rettore. Calamandrei ha partecipato da volontario alla guerra 1915-18 come ufficiale di Fanteria, ma nonostante la promozione a tenente colonnello, preferì riprendere la carriera accademica.

L’avvento del fascismo lo vede sul fronte opposto, contro la dittatura. collabora con Salvemini e poi con i fratelli Rosselli, con il mio fondò il Circolo di Cultura di Firenze che, nel 1924, dopo essere stato devastato dagli squadristi, fu chiuso per ordine prefettizio nel gennaio 1925. partecipò alla pubblicazione del Non mollare e all ‘ associazione “Italia Libera. Piero Calamandrei, ha aderito anche all’Unione nazionale antifascista promossa da Giovanni Amendola.

Dopo il consolidamento della tornitura ai suoi studi giuridici, sua è l’ Introduzione allo studio delle misure cautelari del 1936, usando sempre i contatti con l’emigrazione antifascista. Socio nazionale dell’Accademia dei Lincei e membro della commissione per la riforma dei codici, fu uno dei principali ispiratori del Codice di procedura civiledel 1940. Ma quando gli fu chiesto di sottoscrivere una lettera di sottomissione a Mussolini, Calamandrei preferì dimettersi dall’incarico universitario, che venne ripreso come rettore alla caduta del fascismo. Secondo Norberto Bobbio ebbe un atteggiamento “di solitario disdegno …”, poiché “… verso i padroni ei loro servitori, non si sa quale dei due detestasse di più”. Calamandrei fu nel 1942 tra i fondatori del Partito d’Azione, dopo l’armistizio, inseguito da un mandato di cattura, si rifugiò in Umbria.

Dopo la Liberazione, fu nominato membro della Consulta nazionale e dell’Assemblea Costituente in rappresentanza del Partito d’Azione. Quando il PdA si sciolse, entra in una parte lontana del Partito socialdemocratico, per quale fu eletto deputato nel 1948. Nel 1953, contrario alla “legge truffa”, sostenuta anche dai socialdemocratici, prese parte, con l’amico Ferruccio Parri, alla fondazione di “Unità Popolare”, che ha contribuito ad impedirne l’approvazione. Fondatore, del settimanale politico-letterario Il Ponte , che dirige dopo la Liberazione per dodici anni, Piero Calamandrei fu anche direttore di varie riviste giuridiche. Molto apprezzato dai cultori del Diritto, il suo Elogio dei giudici scritto da un avvocato , memorabile per efficacia, l ‘Lapide ad ignominia , che il Comune di Cuneo ha dedicato al generale nazista, criminale di guerra, Albert Kesselring. (liberamente tratto da www.anpi.it)

 

Gaetano Salvemini

Storico, docente universitario, saggista e giornalista, fu un convinto meridionalista e antifascista. Nacque a Molfetta nel 1873, si laureò in Lettere a Firenze dove apprezzò le teorie marxiste, pur sottoposte a revisione critica, maturando una forte convinzione nella difesa degli oppressi e schierandosi con il partito socialista. La sua lotta per la moralizzazione della vita pubblica lo portò a criticare aspramente Giolitti considerato “ministro della malavita” e la guerra di Libia, definita “scatolone di sabbia”. Si staccò dal partito socialista, reputandolo non abbastanza attento alla questione meridionale.

Nel 1915 fu tra i fautori dell’intervento e si arruolò volontario sin dal primo anno di guerra. Alle elezioni politiche del 1919 Salvemini si candidò in una lista di ex combattenti e fu eletto. Da deputato, dissentì presto dalla linea politica del suo gruppo parlamentare e sostenne una vivace polemica contro l’ex compagno socialista Benito Mussolini (il quale lo sfidò anche a duello, mai avvenuto per complicazioni “procedurali”) e il movimento fascista. Dopo l’avvento di Mussolini, Salvemini continuò ad opporsi al fascismo, anche con conferenze a Londra sulla politica estera italiana, suscitando le ire del governo. Mentre gran parte del mondo accademico italiano si sottomise al regime (“Manifesto degli intellettuali fascisti”, marzo 1925), fu arrestato e imprigionato. Costretto all’esilio, a Londra, a Parigi e negli Stati Uniti continuò la sua battaglia politico-culturale contro il fascismo. Nel 1934 ottenne la cattedra di Storia della civiltà italiana ad Harvard. Nel 1949 il Parlamento italiano gli restituì la cattedra all’Università di Firenze. Salvemini non smise mai di denunciare gli antichi mali italiani: le inefficienze, gli scandali, il favoreggiamento dei potenti, il fallimento della scuola pubblica, le ingerenze clericali. Morì a Sorrento il 6 settembre 1957. (Dal sito web dell’Istituto Gaetano Salvemini)

 

Ernesto Rossi

Nato a Caserta (Napoli) il 25 agosto 1897, morto a Roma il 9 febbraio 1967, professore d’economia.

Si è formato negli ambienti democratici e liberali fiorentini e aveva partecipato da volontario alla Prima guerra mondiale. Tra il 1919 il 1922, in polemica con le posizioni che i socialisti avevano verso i reduci di guerra, il giovane economista ebbe a collaborare con il mussoliniano Popolo d’Italia, ricredendosi quasi subito. Nel 1924 Ernesto Rossi aderisce all’Unione nazionale democratica fondata da Giovanni Amendola e, sempre nello stesso anno, è tra i fondatori a Firenze dell’associazione segreta L’Italia Libera e, dal gennaio all’ottobre 1925, tra i redattori del periodico antifascista Non mollare! Per questo è processato ed è costretto a riparare in Francia.

Nel 1926 torna in Italia e vince un concorso statale per l’insegnamento dell’Economia. Insegna a Bergamo, ma prosegue l’attività cospirativa e nel 1929 è tra i fondatori, con Carlo Rosselli, del movimento “Giustizia e Libertà”. Arrestato sul finire del 1929 finisce in carcere e nel 1931 il Tribunale speciale lo condanna a venti anni di reclusione. Ne sconta nove, poi è mandato a Ventotene, dove ha modo di concorrere con i suoi compagni alla stesura del federalista Manifesto di Ventotene. Alla caduta del fascismo Ernesto Rossi raggiunge Milano, dove, il 27 agosto 1943, partecipa alla riunione di fondazione del Movimento federalista europeo ed entra poi nell’Esecutivo del Partito d’Azione. Dopo l’8 settembre passa in Svizzera, dove continua l’attività resistenziale e da dove rientra a Milano nei giorni della Liberazione. Designato membro della Consulta nazionale, Rossi è anche chiamato a far parte del governo Parri come sottosegretario alla Ricostruzione. Dopo lo scioglimento del Partito d’Azione, svolse prevalentemente una fittissima attività pubblicistica. Famosissimi gli articoli, raccolti nei volumi Aria fritta e I padroni del vapore, per non dire dei libri Settimo non rubare, Il malgoverno, Il manganello e l’aspersorio, Le baronie elettriche. Nel 1955 fu tra i fondatori del Partito Radicale. Dopo la sua morte gli sono state intitolate una Fondazione, Circoli radicali e strade in molte città italiane. (Liberamente tratto da www.anpi.it)

 

Alfredo Niccoli

Su Alfredo Niccoli non abbiamo trovato, per ora, biografie o testi che ne approfondiscono la figura. Abbiamo trovato qualche notizia in più sul suo ruolo nel Circolo di Cultura, nell’articolo di Piero Calamandrei “Il manganello, la cultura e la giustizia”, che abbiamo adattato qui di seguito.

“Il Circolo fiorentino si costituisce per iniziativa di Alfredo Niccoli che intende riprodurre un club all’inglese: il relatore apre la discussione e i presenti partecipano liberamente. Durante i primi tre anni di vita, agli incontri settimanali del Circolo nella sede dell’avvocato Niccoli, in Via degli Alfani, partecipano tra gli altri Ernesto Rossi, Piero Calamandrei, Piero Jahier, oltre a Carlo e Nello Rosselli.

Nacque dalla sete di chiarezza e di nuove intese tra gente ragionevole fuori dai quadri dei vecchi partiti. Sorse da principio, per generazione spontanea, senza uno statuto e senza un preciso programma, per iniziativa di un gruppo di una ventina di amici, professionisti e studenti, che cominciarono nel dicembre 1920 a ritrovarsi settimanalmente dell’avvocato Alfredo Niccoli, che era uno di loro, per discutere, senza intenti di proselitismo, su argomenti politici, economici e sociali di interesse attuale.

Alfredo Niccoli era figlio di madre inglese, ed era stato lui a suggerire l’adozione dei metodi di discussione dialogata, comunemente seguiti in Inghilterra nei circoli di cultura politica, in ogni riunione uno degli intervenuti, che una settimana prima si era impegnato a studiare un determinato argomento, svolgeva una breve relazione introduttiva, che aveva soprattutto lo scopo di dare su di esso informazioni precise ed oneste, e di porre in termini chiari il problema: sul quale poi la discussione, o meglio la conversazione, si svolgeva animata fino alle più tarde ore notturne. Regola delle nostre discussioni era che non si veniva mai ad un voto: la previsione del voto mette fino da principio limiti alla discussione; invece, quando non c’è voto finale, si discute solamente per chiarire le idee proprie ed altrui”.

(L’articolo di Piero Calamandrei è riportato nel sito www.radicali.it)